Gestire l’impatto psicologico dei cambiamenti legati all’emergenza Coronavirus
L’emergenza legata al coronavirus sta impattando notevolmente sulle nostre vite. La preoccupazione per la salute propria e delle persone care. La lontananza forzata dai propri dai genitori, nonni, figli e amici, così come la convivenza forzata con parenti o coinquilini. I cambiamenti che riguardano il lavoro. Lo sconvolgimento delle abitudini quotidiane e le limitazioni della propria libertà… tutti questi eventi stanno mettendo a dura prova ognuno di noi. Questo ha portato ad un aumento del numero di richieste di consulenze e sostegno psicologico a distanza.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità invita tutti coloro che si sentono sopraffatti a rivolgersi ad un professionista, uno psicologo, che possa aiutare a gestire l’ansia e mettere in pratica comportamenti adattivi e funzionali per affrontare la situazione.
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IL VADEMECUM DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI
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Il problema oggettivo del Coronavirus diventa soggettivo in relazione al vissuto psicologico, alle emozioni e paure che il tema suscita nelle diverse persone.
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La percezione del rischio può essere distorta e amplificata sino a portare a condizioni di panico che non solo sono quasi sempre del tutto ingiustificate, ma aumentano il rischio perché portano a comportamenti meno razionali e ad un abbassamento delle difese, anche biologiche, dell’organismo.
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È bene quindi affidarsi ai dati e alla comunicazione diffuse dalle autorità pubbliche e alle indicazioni di cautela e prevenzione in essa contenute. Ad esempio: Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità.
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Non cercare di placare l’ansia inseguendo informazioni spesso amplificate ed incontrollate che girano sulle chat e su siti non ufficiali. Interrompere le “catene” sui social.
- Ricordare che l’eventuale esposizione al virus non è sinonimo di malattia, che la contagiosità non equivale alla reale pericolosità per la salute umana, che esistono indicazioni pratiche per ridurre il pericolo Che avere timori e paure è normale ma non ansia generalizzata, angoscia o panico, che non aiutano e sono controproducenti.
- Un atteggiamento psicologico validopuò aiutare non solo chi lo attua ma anche gli altri, innescando un circuito virtuoso, e aumentando il “quoziente di resilienza” dei singoli, della famiglia, della comunità.
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Raccomandiamo comunque alle persone che sentono un particolare disagio psicologico di chiedere, senza timore o vergogna, un aiuto professionale.
- Il problema oggettivo del Coronavirus diventa soggettivo in relazione al vissuto psicologico, alle emozioni e paure che il tema suscita nelle diverse persone.
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La percezione del rischio può essere distorta e amplificata sino a portare a condizioni di panico che non solo sono quasi sempre del tutto ingiustificate, ma aumentano il rischio perché portano a comportamenti meno razionali e ad un abbassamento delle difese, anche biologiche, dell’organismo.
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È bene quindi affidarsi ai dati e alla comunicazione diffuse dalle autorità pubbliche e alle indicazioni di cautela e prevenzione in essa contenute. Ad esempio: Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità.<
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Non cercare di placare l’ansia inseguendo informazioni spesso amplificate ed incontrollate che girano sulle chat e su siti non ufficiali. Interrompere le “catene” sui social.
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Ricordare chel’eventuale esposizione al virus non è sinonimo di malattia, che la contagiosità non equivale alla reale pericolosità per la salute umana, che esistono indicazioni pratiche per ridurre il pericolo. Che avere timori e paure è normale ma non ansia generalizzata, angoscia o panico, che non aiutano e sono controproducenti.
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Un atteggiamento psicologico validopuò aiutare non solo chi lo attua ma anche gli altri, innescando un circuito virtuoso, e aumentando il “quoziente di resilienza” dei singoli, della famiglia, della comunità.
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Raccomandiamo comunque alle persone che sentono un particolare disagio psicologico di chiedere, senza timore o vergogna, un aiuto professionale.